Fabio / #fareimpresa

Voglia di restare

Fabio - Fare impresa

È tanto che non ci vediamo. Quante volte ti ho invitato a Monticiano, a vedere come mi sono sistemato, ma tu hai troppo da fare, scartoffie da smaltire, telefonate da fare. Lo so, lo so, non sono arrabbiato. Mi dispiace solo un po’ non poterti guardare in faccia, vedere come sei cresciuto o magari già invecchiato.

Io sto bene. Finalmente ho comprato il trattore. Un TR3 fiammante, ultima generazione. Va come le schegge e non inquina. Io sul trattore ci passerei la vita. È divertente quasi quanto le macchinine a scontro di quando eravamo bambini. Ti piacerebbe.

Il tempo della campagna è lento, cadenzato, non ti rincorre, ti lascia pensare.

Mi sveglio presto. Alle otto son già nel campo. Non c’è da timbrare il cartellino ma bisogna esser puntuali lo stesso, anzi di più. È il tempo che decide, se è bello o brutto, se piove o c’è il sole. Un occhio verso il cielo e uno sul telefonino, sugli aggiornamenti meteo, che se sbagliano sei fregato. Non c’è sabato, non c’è domenica, non c’è una gita al mare. Dodici ore sulla trebbia, se c’è da trebbiare, dodici ora di semina, se c’è da seminare, dodici ore a togliere i sassi dal campo, se c’è da pulire. Ma mica è come lavorare in fabbrica. Non c’è paragone tra assemblare pezzi di ferro e far crescere una pianta. Vederla spuntare, nutrirla, curarla, difenderla da chi te la vuole violentare. È come una bambina, vuole mangiare, bere, un po’ di calore. Immaginatelo. Un girasole che ti saluta dispiegando la sua corona gialla. In fabbrica chi ti saluta? I colleghi hanno sonno e le macchine non parlano.

Certo, non è facile, c’è da spaccarsi la schiena, ma non hai padroni. Il tuo capo è la Natura, i tuoi attrezzi sono le mani e le tue pause caffè sono i silenzi. È una vita che ti fa diventare grande subito. I tuoi amici vanno a ballare e tu vai a dormire, ma sei felice perché dalla tua stanchezza nascerà la vita, come se il vero fertilizzante fosse il sudore.

All’inizio mio padre non faceva che dirmi: Scendi dall’albero, ragazzo! ma io non sentivo ragioni. Gli sembrava un progetto campato per aria il mio, invece non c’è niente di più piantato per terra che fare il contadino. Adesso si è messo l’animo in pace. Non so se sia rassegnazione o ammirazione.

Centodieci ettari ad avvicendamento colturale. Cereali, erba medica, girasole. Ho affittato anche un podere. Ottocento metri quadri da ristrutturare. Un giorno metterò su un agriturismo. I cavalli, quelli ci sono già. Non sono miei, sono della fattoria, ma io me ne prendo cura. L’anno scorso c’eravamo messi su Groupon. Offrivamo una lezione di un’ora e una passeggiata a cavallo. Un disastro, la fila dentro il rettangolo. Una fatica per farsi ascoltare. La gente pensa di salire sul cavallo come fosse un motorino. Senza rispetto. Un tizio montò e si attaccò al cellulare, urlando. Roba da matti. Il cavallo lo devi pulire, strigliare, accarezzare, fargli sentire che si può fidare di te. È come con le persone.

Anche quando vado a caccia la cosa più bella è stare con Luna, il mio cane, un bracco tedesco a pelo raso. Abbattimento contenitivo. Puoi sparare solo a certi esemplari selezionati per sesso ed età. In un’intera stagione ho preso una beccaccia, ma va bene così, il bello non è sparare, è ascoltare i suoni del bosco. Mi fa ridere questa moda di denigrare la caccia. Non sarai mica contrario anche te? Sono tutti contro, ma mangiano la carne della Coop. Sai che fine ha fatto l’anno scorso il 30% dei miei girasoli? È finito nella pancia dei cinghiali. Prima c’erano i lupi e i conti tornavano. Ma adesso? Non c’è barriera che li contenga. La recinzione? Distrutta. Scoppio qualche petardo per impaurirli ma quelli mi ridono in faccia.

Voglio dirti una cosa. I soldi servono a vivere, ma la vita non serve a fare soldi. E allora chi se ne frega di mettermi in tasca duemila euro al mese se torno a casa e mi sento un fantasma perché la mia gioia se la succhiano le fabbriche, a dosi di otto ore al giorno! Io voglio tornare a casa e sentire che non sono un ingranaggio di una macchina ma un essere della Natura, che nella Natura sono immersi il mio corpo e la mia intelligenza e che con questi posso creare, cavare frutti dalla terra.

Anche il tempo è diverso. Il tempo della campagna è lento, cadenzato, non ti rincorre, ti lascia pensare. Però è preciso. Quando è il momento di seminare non puoi esitare, perché prima è troppo presto e dopo è troppo tardi e in entrambi i casi il seme non attecchisce. Quando è l’ora della raccolta non puoi rimandare. È un ciclo, se prendi il ritmo e ti lasci portare somiglia a una danza. Ma se cerchi di condurre, l’incantesimo si spezza e rimani con la fame e le tasche vuote. Succede anche nelle storie d’amore. Bisogna accordarsi, prendere il passo l’uno dell’altra perché la musica risuoni.

A proposito, l’hai trovato un po’ di tempo per innamorarti?

Spero che un giorno verrai da queste parti. Allora scenderai dalla macchina e ascolterai. Il fiume che scivola serpeggiando nel suo letto, il fruscio della foglie mosse dal vento, e poi guarderai all’orizzonte. Il mosaico perfetto di questi colori di fine estate, la pietra antica di quel bel cascinale, la curva sinuosa di un cavallo che si riposa.

E forse, chissà, ti verrà voglia di restare.

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