Federico / #studioeformazione

Barracuda

Federico - Studio e Formazione

Alle volte mi sembra di essere davanti alla televisione,
quando vedo i bambini, le mamme, i vecchi
che mi guardano da fuori con i loro occhi enormi e distorti,
quando poggiano il naso sul vetro.
Allora, incerto e turbato mi nascondo nella mia tana,
tra gli scogli, a riposare.

(Niccolò Ammaniti, Branchie)

 

Marzo 2019

«Cioè? Sarebbe a dire che dovrei partire ora e farmi settanta chilometri perché hai mal di testa?».
«Sì».

Sembrava un giorno di sincero e motivato pessimismo. Invece no, l’avventura spunta all’improvviso. Via! Si parte subito, oggi si lavora – è quasi uno scoop – ha detto il collega importante. Ha messo molta voce nel quasi. Trattasi di un’intervista per paginone culturale, la rubrica del sabato, i giovani che ci provano, quelli di cui sentiremo parlare, quelli che non si lamentano, che fanno le cose. Questo poi, è particolare e avventuroso per davvero. Si chiama Federico Cividini, è un ricercatore. Studia, tra le altre cose, gli effetti dell’inquinamento acustico sulle balene. Ha utilizzato la Borsa Pegaso della Regione Toscana per stabilire che tipo di tecnologie molecolari gli sarebbero servite per lo studio di fenomeni scientifici in mare. Ha allestito una piccola nave per una missione scientifica, un battello che basta vederlo in foto per non scordarselo più. E allora vado, che oggi si lavora.

In macchina qualcosa vibra un po’ troppo più di ieri. M’hanno detto che i braccetti anteriori sono vicini al punto di rottura. Ogni nuovo rumore, che mi sembra di sentire, spero non sia quello che annuncia l’inevitabile guasto meccanico. Intanto avanzo, verso la costa, in un discreto ritardo.

Ecco il mare, in questo posto, prima di oggi, non c’ero mai stato. Il cielo è bianco sporco, l’umidità si taglia a fette, c’è un odore di roba marcia che continua da qualche chilometro. Ma il mare è sempre il mare e questa baia, con pochi battelli attraccati, ha un discreto fascino anche in un giorno d’ispirazione latitante.

Mi dice la cuoca dell’unico locale aperto, che questo spiacevole odore è merito dell’alianto, una pianta d’origine orientale. Avevano iniziato a usarla per compattare le massicciate della ferrovia e ha finito per diffondersi dappertutto. Arriva nei casolari abbandonati e in pochi mesi li riduce ad un cumulo di macerie, cresce molto velocemente e, come sigillo alla sua opera, rilascia un nauseabondo odore. La cuoca scrive sulla lavagna il piatto del giorno. Zuppa di barracuda.

La signora mi racconta che, da un po’ di mesi, nelle acque della baia, pullula una grande quantità di barracuda. Un tempo erano una rarità esotica, ora ce n’è in abbondanza, predatori allungati dai denti aguzzi, facili da spinare, una carne gustosa, sapore deciso anche in una giungla di rosmarino, salvia, basilico e prezzemolo.

Faccio un pensierino sulla zuppa di barracuda, ora però si lavora. Vado verso quella simpatica nave. C’è del movimento. Una giovane famiglia in partenza. Un bastimento carico di strani strumenti per fare gli esperimenti.

«Mi scusi, lei è Federico Cividini, vero?».
«Vero, ma anche falso. Probabile e impossibile».
«Sono qui per l’intervista, credo glielo avessero comunicato».
«Questo l’avevo capito, sa? L’appuntamento era tre ore fa. Ora è troppo tardi. Non lo vede? Siamo in partenza. Faremo senza intervista. Non credo che ne sentirò la mancanza».
Scorbutico, educato, indaffarato nella verifica dell’elenco di cose da portare.
«Speed vacuum, Pipette Gilson, Pipette serologiche, Piastre Petri per batteri e per eucarioti…».
I figli giocano col cane.
«Non fate tuffare Jena Plissken», dice Federico, «oggi il bagno l’ha già fatto».
«Senta, lo so, il mio è un ritardo grossolano, ma si metta nei miei panni. Senza pezzo non mi danno neanche il rimborso per la benzina, che detto fra noi, con quello che mi danno, tolta la benzina, ci rimane proprio poco».
«Non vede che ho da fare? Tre ore fa avevo tempo. Ora no».
«Può dirmi qualcosa anche mentre carica le cose, io la seguo ».
«Ultracentrifuga, incubatore, agitatore, termostato, spettrofotometro… ».

C’è il cane che mi ringhia, provo a fare l’empatico, ma la situazione non migliora, al meticcio non gli piaccio. «Jena Plissken, qui», il cane obbedisce a Federico. Provo a insistere. «Lei è un marinaio/ricercatore, uno scienziato/avventuriero o cosa?».

Non mi risponde. Io mi siedo, guardo il mare, leggo il nome sullo scafo: Signor Caprino. Passano cinque minuti carichi di qualcosa di grosso che rimbalza fra mare, molo e menti, in silenzio. Federico mi ridegna d’un secondo d’attenzione.

«E lei cosa fa? Aspetta l’ispirazione?».
«Sì, in un certo senso. L’ha scelto lei il nome della barca?». Senza badarci troppo, mi dice che sì, l’ha scelto lui. Rimango lì a due passi dalla passerella che porta sulla nave, Federico mi ripassa davanti, con una specie di sorriso che lo attraversa per un attimo. Ha da fare. Mi siedo sulla panca tattica, tento la persuasione telepatica. Sento che succede qualcosa. Parte la musica e si diffonde in un’onda buona, lenta e fluttuante. È una musica che conosco, e ora glielo dico, non si sa mai che tra appassionati di musica dub qualche muro possa crollare.
«Questo è Linton Kwesi Johnson».
«E questa è una sonda CTD».
«A cosa serve?».
«Una sonda CTD serve a prelevare dati chimico-fisici delle masse d’acqua. Ma non so se ti conviene addentrarti in terminologie scientifiche nel tuo articolo. Lo dico per te. È un mondo minato. Io ci andrei coi piedi di piombo».
«Buona questa! Coi piedi di piombo in un mondo minato».

E fra me e me penso che sia buono anche il fatto che è passato dal darmi del lei al darmi del tu. Avanti così.

«È vero che le balene soffrono particolarmente il rumore sottomarino generato dall’uomo?».
«Sì, è vero, il rumore le disorienta e gli impedisce di comunicare a grandi distanze. Vedi questi aggeggi? Tengono a galla una grande apparecchiatura che ad intermittenza libera grandi quantità di aria pressurizzata, produce uno scoppio e crea onde sonore a bassa frequenza. Nel suo piccolo, funziona come la strumentazione enorme che viene usata in tutti i mari e gli oceani, per cercare petrolio e gas: l’onda sonora penetra nel fondale e l’onda di riflessione viene catturata dagli idrofoni trainati dalla barca. Così si può risalire alla natura del materiale che c’è sotto il fondale. Queste manovre sono un problema tremendo per tutti i mammiferi marini, come tutte le operazioni che producono inquinamento acustico… se vuole aiutarmi porti in cambusa questi pacchi di pasta».

Gli interni non deludono, legni antichi, locali stretti e vissuti, in ordine, stivati di cose utili. Nel soggiorno c’è un grande manifesto di quella che potrebbe essere un’ironica divinità aliena: due polpette avvolte da un cespuglio di spaghetti dotati di occhi, i toni cromatici ricordano quelli di un affresco nella volta d’una chiesa. Non c’è più nulla da caricare. Sono in partenza.

«Federico, posso cercarti su facebook per sapere come procede l’avventura?».
«Io su facebook non ci sono».
«Buona fortuna, grazie della disponibilità».
«Buona fortuna a te. Mi raccomando, piedi di piombo in un mondo minato».

La nave è partita. Destinazione ignota. La vedo allontanarsi e ci penso. Ora una zuppa di barracuda ci può stare tutta.

Questa storia è pubblicata anche su “Accenti – autonomi racconti di Giovanisì”, il volume che raccoglie 30 storie di beneficiari del progetto Giovanisì della Regione Toscana raccontate da giovani scrittori toscani 

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