“Io sto con la sposa”, il docu-film. La migrazione secondo Del Grande
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Il regista lucchese Gabriele Del Grande, insieme a Antonio Augugliaro e Dhaled Soliman Al Nassiry, ha inscenato con un gruppo di profughi siriani e palestinesi un finto corteo nunziale da Milano a Stoccolma per sfuggire i controlli alla frontiere e realizzare il film
Sono stati raccolti quasi 100mila euro grazie al crowdfunding per il documentario Io sto con la sposa, docu-film che racconta una incredibile di migrazione, realizzato da tre giovani registi, tra cui un giornalista toscano. Ecco come è nato il documentario: Gabriele Del Grande, lucchese, fondatore del sito Fortress Europe (http://fortresseurope.blogspot.it/) – che raccoglie i nomi, le foto e le memorie dei migranti morti nel tentativo di raggiungere l’Europa – insieme ad Antonio Augugliaro e Khaled Soliman Al Nassiry, hanno raccolto un gruppo di circa venti persone a Milano, tra siriani e palestinesi, diretti verso la Svezia, paese che notoriamente offre asilo-politico ai profughi, inscenando con loro un finto corteo nuziale per poter passare più facilmente le frontiere.
Un’avventura di tre giorni, un esodo in smoking e abito bianco da sposa a bordo di auto di lusso noleggiate per aggirare il controlli, con il lieto fine: i migranti arrivati fortunosamente nel nostro paese con un barcone attraccato a Lampedusa, sono riusciti a raggiungere Stoccolma, come documentato dal film Io sto con la sposa. Un film insolito e molto interessante, non solo per le modalità della fuga ma per gli interrogativi che pone sulle nuove migrazioni, sui diritti di chi fugge dalle guerre, sull’accoglienza che l’Italia e l’Europa non riescono a garantire a chi cerca una vita migliore.
Io sto con la sposa è nella rosa dei documentari che saranno presentati alla 71esima Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione competitiva Orizzonti. La sua realizzazione è stata possibile grazie al maggior numero i finanziamenti mai ottenuti con un crowdfunding, grazie al contributo di 2500 persone da Europa, l’Africa, Stati Uniti, Tailandia e molti Paesi arabi.
“Al momento dell’uscita del film – ha dichiarato Del Grande – potremmo essere condannati fino a 15 anni di carcere per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ma siamo pronti a correre il rischio. Perché abbiamo visto la guerra in Siria con i nostri occhi, e aiutare anche una sola persona ad uscire da quel mare di sangue, ci fa sentire dalla parte del giusto”.
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Articolo di Elisabetta Vagaggini, www.intoscana.it