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La vita di una coworker ai tempi del Covid-19, fra difficoltà e voglia di mettersi in gioco

Chiara - Lavoro

Chiara sta ancora beneficiando del voucher per coworkers, opportunità promossa dalla Regione Toscana nell’ambito di Giovanisì. Aveva raccontato ad Accènti, lo storytelling di Giovanisì, di come il voucher le fosse servito per conciliare meglio i tempi di vita e di lavoro e per lavorare in un coworking dove ha trovato collaborazione, umanità e apprendimento (qui la sua storia). L’emergenza legata al Covid-19 ha trasformato la sua quotidianità come quella di tanti giovani coworker. Ecco la sua testimonianza.

Come è cambiata la tua vita da libera professionista con l’emergenza legata al Covid-19?

È cambiata parecchio. Io ho quattro figli, quindi lavorare da casa non è molto semplice. Se non avessi i figli, lavorare da casa e non dal coworking sarebbe quasi la stessa cosa, a parte il contatto umano, certo, che è molto importante.
Ma il Coworking per me è stato uno spazio di pace e tranquillità nel quale avevo la possibilità di concentrarmi solo sul lavoro. Cosa che invece da casa mi viene difficile per ovvi motivi. Il mio lavoro è possibile farlo da remoto, quindi io continuo a lavorare, ma ovviamente con tutte le difficoltà che in questo momento vivono le famiglie, le mamme e i papà, perché bisogna riuscire a portare avanti il lavoro ma allo stesso tempo stare molto dietro ai bisogni dei bimbi. Sembra che stiamo tutti chiusi in casa e basta ma invece l’impegno c’è quanto prima, se non di più di prima. Fra video lezioni che durano quasi tutto il giorno e attività varie per tenerli occupati, da sommare a tutto quello che bisogna fare lavorativamente, non è facile. Le famiglie in questo momento sono oberate.

In questo periodo ho deciso di fare così, di mettermi in gioco e continuare a guardare il bello nonostante tutte le difficoltà, cercando di dare un contributo

Lo spazio di coworking nel quale lavoravi ha momentaneamente chiuso, nonostante questo state trovando dei modi per continuare a sentirvi vicini?

Sì, tanti. Tramite videochiamate on line, e poi abbiamo una chat in cui ci sentiamo quotidianamente. Siamo diventati un vero e proprio gruppo di amici. Ci sentiamo anche con chi in questo momento è all’estero, ad esempio abbiamo un coworker che è a Londra e tramite lui abbiamo avuto anche un riscontro internazionale e gli siamo stati vicini quando la situazione era incerta. Comunque si ci sentiamo quasi quotidianamente. Ci stiamo vicini.

In questo periodo complesso, ognuno nel suo piccolo sta cercando il modo di rendersi utile. Tu ad esempio stai mettendo a disposizione le tue capacità per dare una mano. Ci racconti come?

È iniziato tutto per gioco, poi la cosa si è evoluta. Inizialmente ho proposto di montare un video per le squadra di rugby di mio figlio. Un video con le immagini delle partite e dei ragazzi e l’hasthag #distantimauniti. Era una cosa piccola, niente di che, ma con i genitori ci siamo commossi tutti, e poi ci siamo sentiti vicini, perché comunque è un’attività che facevano insieme.
Ora con la scuola di mio figlio stiamo pensando di organizzare la recita di fine anno on line. Io mi sono resa disponibile per montare il video. Un regalo per i bimbi e per le maestre. Una cosa piccola ma che ci fa sentire vicini.
In questo periodo ho deciso di fare così, di mettermi in gioco e continuare a guardare il bello nonostante tutte le difficoltà, cercando di dare un contributo. Ovviamente dal punto di vista lavativo non è facile, ma mi sono detta “questo è quello che posso fare io e lo faccio con piacere”. E c’è un bel riscontro, anche gli altri sono felici di questa unità virtuale.

 

Intervista pubblicata il 9 Aprile 2020

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