Il progetto della Regione Toscana per l’autonomia dei giovani

Massimiliano Mascherini, fiorentino, ma da anni traferitosi a Dublino, è il capo Unità di ricerca per le Politiche Sociali di Eurofound, la Fondazione Europea per il Miglioramento della Condizioni di Vita e di Lavoro. Eurofound è un’agenzia dell’UE che promuove ricerche su temi quali partecipazione, mercato del lavoro, condizioni di vita in Europa. In particolare, l’Unità che dirige Massimiliano Mascherini si occupa specificatamente di giovani e della loro partecipazione nel mondo del lavoro e nella vita.
Negli ultimi mesi, Eurofound ha svolto due indagini “La vita, il lavoro e il COVID19”, con l’obiettivo di capire l’impatto che la crisi legata al COVID19 ha avuto e sta avendo sulle condizioni di vita dei cittadini Europei.


Il 15 luglio sei intervenuto all’evento “
La buona strada. Percorsi per l’autonomia dei giovani”, promosso da Giovanisì-Regione Toscana. Chi ha avuto modo di seguire l’evento ti avrà conosciuto in quella occasione, ci vuoi raccontare chi sei e di cosa ti occupi per chi non avesse avuto modo di partecipare all’evento?

Nato e cresciuto a Firenze, dove ho conseguito Laurea e Dottorato di Ricerca in Statistica Applicata presso il Dipartimento di Statistica dell’Università di Firenze, vivo ormai da 11 anni a Dublino, nella Repubblica d’Irlanda. A Dublino lavoro presso Eurofound, la Fondazione Europea per il Miglioramento della Condizioni di Vita e di Lavoro, dove dirigo l’Unità di ricerca di Politiche Sociali.
Eurofound è un’agenzia di ricerca dell’Unione Europea ed il nostro mandato è di fare ricerca comparativa a livello europeo sulla partecipazione al mercato del lavoro, sulle condizioni di vita e di lavoro in Europa, incluso lo sviluppo del dialogo sociale e delle relazioni industriali. Come Head of Unit, l’unità che dirigo si occupa specificatamente di politiche sociali e del monitoraggio delle condizioni e la qualità della vita in Europa. Nello specifico ci occupiamo di giovani, della loro partecipazione al mercato del lavoro e le conseguenze della loro esclusione.

Ci occupiamo di parità di genere e dell’uguaglianza uomo-donna nel mondo lavorativo e nella vita. Studiamo i gruppi più vulnerabili della società, come ad esempio le persone con disabilità, e ci occupiamo della loro inclusione sociale, attraverso lo studio di politiche proposte dai vari Stati Membri, valutandone la loro efficacia.
In definitiva, nel nostro lavoro, analizziamo e produciamo dati, come ad esempio l’European Quality of Life Survey, un’indagine statistica sulle condizioni di vita in Europa, valutiamo l’efficacia di politiche sociali implementate in supporto dei cittadini europei e forniamo opzioni di politiche per gli Stati Membri, basandoci su cosa ha funzionato di più, e cosa meno, sulla base dei nostri studi.

Uno degli ultimi lavori, di cui vi siete occupati come Eurofound, è legato proprio alla pandemia che ci colpiti negli ultimi mesi. A maggio 2020 infatti avete pubblicato i risultati di un’indagine “La vita, il lavoro e il Covid-19” svolta durante il lockdown e avete preparato la seconda indagine. Ci vuoi dire quali sono stati gli elementi principali emersi dalla prima inchiesta? Quali sono invece gli obiettivi che vorreste raggiungere con la seconda indagine?

Ad aprile 2020 abbiamo lanciato l’indagine online “La vita, il lavoro e il COVID19”. L’indagine mirava a capire l’impatto che la crisi del COVID19 stava avendo sulle condizioni di vita dei cittadini Europei durante il mese di aprile, mese in cui varie misure di lockdown sono state implementate dai vari Stati Membri per controllare l’evoluzione della pandemia. Siamo stati la prima istituzione Europea a lanciare una indagine del genere.

L’indagine ha registrato una partecipazione altissima con oltre 85,000 risposte nei 27 Stati Membri dell’Unione Europea. La fotografia che è uscita dall’indagine è una immagine a tinte molto cupe dell’Europa e dei suoi Stati Membri. Un’Europa che ad aprile 2020 aveva perduto fiducia in se stessa, la cui popolazione riportava bassi livelli di benessere, specie mentale, ed alti livelli di depressione e solitudine.
Un’Europa in cui tante persone, circa il 30%, avevano perso il lavoro permanentemente o temporaneamente, ed erano pessimiste e piene di insicurezze verso il proprio futuro occupazionale e finanziario. Se questa era la fotografia per l’Europa, i risultati dell’indagine per quanto riguarda i giovani erano ancora molto più cupi, cosa che ci porta a concludere che le misure di lockdown hanno colpito molto più duramente i giovani che le altre classi di età.
In genere, i giovani hanno un livello di benessere mentale più alto e sono in genere più soddisfatti della loro vita, più della popolazione generale. La fotografia che ne esce ad aprile 2020 dal nostro survey, ma anche da altre indagini effettuate da altri uffici statistici nazionali, come quello irlandese per esempio, è invece opposta. Durante il lockdown, i giovani di età inferiore ai 35 anni hanno registrato un livello di benessere mentale, depressione e solitudine molto peggiore di quello delle altre classi di età.
I giovani mostravano un livello di soddisfazione delle propria vita molto più basso rispetto a quello delle altre classi di età, come a mostrare che le misure di lockdown, con l’impossibilità di andare fuori e incontrare i propri amici e affetti, abbiano colpito più profondamente i giovani rispetto agli altri. Il problema dell’impatto della crisi del COVID19 sui giovani non è solo questo.

La crisi del 2008-2013 ha mostrato quanto i giovani siano vulnerabili sul mercato del lavoro durante una recessione. La crescita dei tassi di disoccupazione giovanile e dei NEETs durante la scorsa recessione ha mostrato che i giovani sono stati le vittime della precedente crisi economica. Dato che la crisi economica dovuta al COVID19 ha colpito settori economici, come il turismo o il commercio, in cui i giovani sono più probabili essere impiegati, c’è la preoccupazione che la storia si possa purtroppo ripetere e, per questo, una pronta azione politica in supporto ai giovani e alla loro partecipazione al mercato del lavoro è essenziale.

Adesso abbiamo lanciato una seconda inchiesta sull’impatto del COVID19 in Europa. L’inchiesta si è svolta dal 26 giugno al 27 luglio. Un periodo in cui la pandemia è stata apparentemente arginata e le nostre società ed economie hanno iniziato a riaprire. Oltre alle domande della prima inchiesta, abbiamo anche chiesto l’utilizzo dei servizi pubblici durante il lockdown, come ad esempio la didattica a distanza. Stiamo ancora analizzando i dati, ma ciò che emerge da una prima analisi è un incremento del benessere degli europei, una rinnovata fiducia nell’Europa, anche alla luce del recente accordo sui 750 miliardi di Euro per il Recovery Plan. Vediamo una Europa più ottimista, meno depressa e che vede la luce in fondo al tunnel. Insieme.

La Regione Toscana, con il progetto Giovanisì, ha deciso di portare avanti un sistema di politiche attive in favore dei giovani, capaci di dare loro una scossa, di renderli protagonisti del proprio futuro, o più semplicemente, di aiutarli a diventare autonomi. Vista la tua esperienza, ci sono altre realtà europee (regionali o nazionali) che promuovono progetti specificatamente rivolti ai giovani, con un approccio simile?

Al fine di fornire una pronta risposta alle necessità dei giovani, lo scorso 1° luglio 2020 la Commissione Europea, con il Commissario al lavoro Nicolas Schimt, ha proposto lo Youth Employment Support Package, il pacchetto a supporto dell’impiego giovanile. Nel pacchetto è incluso uno Youth Guarantee irrobustito, così come misure atte a rafforzare la formazione professionale e a rilanciare l’apprendistato.
Lo Youth Guarantee fu originariamente proposto nel 2013 dall’allora Commissario al lavoro e affari sociali Laszlo Andor. Lo Youth Guarantee è una misura universalistica, in cui entro 4 mesi dal termine della scuola, o dall’aver perso il lavoro, al giovane viene proposta un’offerta personalizzata di studio, di lavoro o nei casi più complessi di assistenza sociale. L’idea di fondo dello Youth Guarantee è la personalizzazione dell’offerta, al fine di offrire una proposta che corrisponda con i bisogni del giovane e lo aiuti verso il suo cammino nel mondo del lavoro e dell’autonomia. Il nuovo Youth Guarantee conferma questa idea di base, estende l’età di partecipazione ai 29 anni e si propone di combattere le disuguaglianze, fornendo supporto ai giovani più vulnerabili assieme ad investire nello sviluppo di skill digitali e green.

Nato nel 2011 Giovanisì, una misura molto innovativa in Italia per quel tempo, può essere considerato un precursore dello Youth Guarantee o, come definito da più parti, il modello Toscano dello Youth Guarantee. Giovanisì ha dentro tutti gli elementi del concetto di Youth Guarantee, come essere un punto di contatto unico con i giovani e fornire loro una grande varietà di possibili interventi e di fatto anticipa l’implementazione dello Youth Guarantee. Per questo motivo, realtà e approcci europei simili a Giovanisì possono essere ricercati nel modello svedese e finlandese dello Youth Guarantee. Tali modelli sono stati la base dello sviluppo dello Youth Guarantee e sono modelli universalistici e olistici che mirano all’integrazione del giovane nella società e nel mondo del lavoro e gli offrono una grande varietà di interventi che vanno dal supporto alla scrittura del CV, ai corsi di formazione per coloro che hanno completato l’istruzione di base, ma i loro skills non sono rilevanti per il mercato del lavoro, da programmi per completare l’istruzione di base per coloro che hanno abbandonato prima di terminare il loro percorso di istruzione a offerte di lavoro per coloro che sono già pronti per entrare nel mercato del lavoro fino a strumenti di supporto per rimuovere barriere logistiche alla partecipazione del mercato del lavoro, per esempio supporto di asili per le giovani madri single, fino a misure atte a guidare il giovane verso la propria autonomia abitativa.

Un modello simile a questi, e quindi anche simile a Giovanisì, può essere considerato il Ballymun project di Dublino. Questo progetto, un progetto pilota dello Youth Guarantee, mirava ad agire come punto unico di contatto verso l’integrazione e il recupero dei giovani a Ballymun, un quartiere difficile della periferia nord-ovest di Dublino. Il progetto ha riscosso molto successo e basandosi su una partnership efficace tra datori di lavoro, sindacati e servizi sociale e d’istruzione, ha raccolto risultati molto positivi con un relativamente grande numero di giovani che sono stati inseriti nel mondo del lavoro.

Il continuo sviluppo e il consolidamento di programmi come Giovanisì sono di estrema importanza, al fine di rispondere prontamente alla crisi economica dovuta al COVID19 e ad evitare che i giovani possano essere ancora le vittime di questa futura recessione. Sebbene lo sforzo fatto dalle amministrazioni nazionali e regionali, ed in questo caso dalla Regione Toscana, per questi sia cospicuo e sostanzioso, tali sforzi dovrebbero essere visti come investimenti sociali per il re-integro dei giovani nel mondo del lavoro, investimenti che non tarderanno a dare i loro frutti per il bene della Regione Toscana e del paese Italia.

Rubrica a cura dell’Area Europa dell’Ufficio Giovanisì
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