Il progetto della Regione Toscana per l’autonomia dei giovani

Il Compass – Manuale per l’educazione ai diritti umani coi giovani, rappresenta una risorsa importante per l’educazione alla cittadinanza e ai diritti umani. Offre infatti strumenti utili ad operatori, animatori, insegnanti, educatori, sia professionisti che volontari, per motivare i giovani nell’apprendere e mettere in pratica i diritti umani.  Uscito per la prima volta nel 2001, proprio di recente è stata pubblicata la versione più aggiornata del Compass, tradotto in italiano da REDUla Rete Educare ai Diritti Umani , in accordo con il Consiglio d’ Europa.  Per capire meglio di cosa si tratta,  lo abbiamo chiesto a Silvia Volpi, formatrice per il Consiglio d’Europa su temi della partecipazione e politiche giovanili e sull’educazione ai diritti umani, tra le fondatrici di REDU.

Proprio di recente, è stata presentata la nuova versione del Compass – Manuale per l’educazione ai diritti umani coi giovani –, ci vuoi spiegare cos’è e perché è così importante per gli educatori?
Il Compass è il manuale per l’educazione ai diritti umani coi giovani del Consiglio d’Europa. Redu – Rete educare ai diritti umani, si è occupato della traduzione della prima edizione del 2001 e della seconda edizione del 2012.
Il manuale Compass è una fonte di ispirazione per le persone che si occupano di facilitare i processi di educazione ai diritti umani, utilizzando metodi afferenti alla sfera dell’educazione non formale. Offre non solo una serie di attività tematiche ma anche importanti informazioni e spunti per agire i diritti umani nella vita quotidiana. L’approccio fondamentale di Compass prevede infatti che l’educare ai diritti umani coinvolga tre ambiti di apprendimento:

  •  Imparare i diritti umani (conoscenza)
  • Imparare attraverso i diritti umani (capacità)
  • Imparare per i diritti umani (azione).

Il Compass aspira a diffondere una educazione più innovativa, è realmente possibile considerare l’educazione in termini “innovativi”?
Il Compass in realtà non vuole diffondere “innovazione”, ma piuttosto essere un punto di partenza per coloro che facilitano i processi di educazione ai diritti umani, affinché si stimoli non solo lo sviluppo di conoscenza e capacità ma anche una variazione di paradigma nell’agire quotidiano di cittadini consapevoli. Infatti, la competenza se non è agita nel quotidiano non è visibile e non porta cambiamento ai singoli e alle comunità di riferimento.

La Redu, la Rete Educare ai Diritti Umani, si è occupata della traduzione in italiano del Compass, ma segue molte altre attività. Ci vuoi raccontare cos’è?
Vero. Redu si è occupata della traduzione di Compass sia nella sua prima edizione che nella sua seconda. Redu ha tradotto anche, in collaborazione con Arciragazzi e Arci Servizio Civile, Compasito il manuale per l’educazione ai diritti umani dei bambini e delle bambine.  Redu, infatti, nasce come associazione per la promozione di una cultura dei diritti umani nel 2001. Gli associati di REDU sono formatori e formatrici che operano sia a livello nazionale che internazionale, facendo parte del Pool dei formatori del Consiglio d’Europa, e promuovono l’educazione ai diritti umani, la cittadinanza attiva e la partecipazione giovanile.  Oltre a progettare e realizzare attività educative per i giovani e per gli adulti, docenti, educatori, operatori giovanili, Redu si occupa anche di valutazione percorsi e progetti internazionali sempre afferenti all’area della  formazione e dell’educazione. Redu è inoltre referente regionale del Movimento NO HATE SPEECH, che promuove azioni a contrasto del discorso d’odio soprattutto online.

In Toscana, con Giovanisì, il progetto regionale per l’autonomia dei giovani, si è cercato di non considerare più il giovane come un soggetto bisognoso di assistenza, ma come un soggetto che gioca un ruolo attivo nella propria crescita, attraverso misure ad hoc volte a favorirne il processo di empowerment. Per la tua esperienza, ci sono altre realtà, anche a livello europeo, che hanno un approccio simile?
A livello europeo, le organizzazioni che operano, con diversi ruoli e a diversi livelli, nel settore dell’educazione non formale considerano i/le giovani non destinatari di un servizio, ma attori della propria crescita personale e professionale. In quanto a politiche giovanili europee, più raro trovare sistemi simili a quello di Giovanisì. Interessante il sistema di co-management del Consiglio d’Europa per cui i giovani sono parte attiva nei processi decisionali delle politiche che li riguardano.

Informazioni

REDU – la Rete Educare ai Diritti Umani
educaredirittiumani@gmail.com

 

Intervista a cura dell’Area Europa dell’Ufficio Giovanisì
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