Il progetto della Regione Toscana per l’autonomia dei giovani

Secondo una ricerca fatta da Demopolis per il Tirreno i giovani toscani tra i 18 e i 34 anni nonostante amino vivere nella loro regione sono convinti di doversene andare per ottenere il successo professionale. Qui di seguito l’analisi de “Il Tirreno” sui dati che emergono dalla ricerca.

di Gianni Parrini pubblicato su “Il Tirreno” il 29/01/2012 (scarica l’articolo in pdf )

Per realizzarsi nel lavoro bisogna andarsene: cresce la fuga degli under35In Toscana si sta bene. Ma se si è giovani e si ha una qualche aspirazione professionale forse è il caso di andarsene fuori regione. 0 -meglio ancora – fuori dall’Italia. E questo il pensiero triste che passa per la testa di oltre il 40% dei laureati o degli universitari under 35. Nonostante vita privata, famiglia e affetti non facciano mancare una certa dose di piacere, i giovani percepiscono la loro vita nella regione come privata di una qualunque possibilità di successo professionale. E questo uno dei dati che emerge dall’ indagine condotta, in esclusiva per “Il Tirreno”, dall’istituto nazionale di ricerche Demopolis sui cittadini tra i 18 e i 34 anni residenti in Toscana.

2012, fuga dal Granducato
Ovviamente la crisi economica ha messo del suo nel disegnare questo desolante orizzonte d’attesa: il tasso di inserimento effettivo nel mercato del lavoro è oggi decisamente basso, il posto fisso è un’utopia e “precarietà” è la parola d’ordine del quotidiano: «Questo tipo di discorsi ormai sono entrati a far parte del vissuto delle famiglie – spiega Pietro Vento, direttore Demopolis, autore della ricerca – L’occupazione è una priorità delle nuove generazioni e prende il sopravvento su ogni altro obiettivo di realizzazione personale. Ben il 63% degli intervistati dichiara di provare ansia rispetto al futuro e il 41% tra universitari e laureati crede che sia opportuno andar fuori regione per trovare un lavoro. Non siamo ai livelli del Sud, dove l’idea di emigrare è ormai consolidata, ma è da registrare che un tale fenomeno per la Toscana è del tutto nuovo». Va detto che i pensieri di fuga non valgono per tutti i giovani, ma solo per quelli che hanno un’ambizione lavorativa più alta come laureati e studenti universitari. Per gli altri ci si ferma al 20%.

Raccomandazioni e altri rimedi
Non contano titoli di studio, capacità, competenze e spirito di sacrificio: secondo gli under 35 per riuscire a entrare stabilmente nel mondo del lavoro sono ben più determinanti la rete di conoscenze politiche o personali (66%), la fortuna (49%), l’appartenenza familiare (31%). Lo conferma il dato rivelato dall’istituto Demopolis tra chi un lavoro, sia pur occasionale o precario, lo ha trovato: solo due su dieci in base al curriculum, gli altri otto grazie a segnalazioni o conoscenze personali. II 70% confessa anche di aver svolto, occasionalmente, un’attività lavorativa senza alcuna forma di retribuzione. Un vissuto che si affianca spesso a lavori per lo più mal pagati, precari e instabili. Soprattutto fra chi ha tra i 25 e i 34 anni, è percepito molto alto il rischio disoccupazione (51%) o quello di non potere costruire con serenità una famiglia. «Cresce così il senso di precarietà di una generazione che si sente sospesa, in parte tradita – spiega Vento – Sempre più consapevole dello scarto tra aspettative personali e reali opportunità di realizzazione».

Dove cercare? Nessuno lo sa
Un altro aspetto che colpisce è la disinformazione su quelli che sono i fabbisogni più concreti del mercato del lavoro: il 53% confessa di non avere idea di quali siano i settori cori maggiori spazi occupazionali. «C’è un problema di incontro tra domanda e offerta: probabilmente università e imprese non hanno investito adeguatamente sull’ orientamento, strumento utile a far capire quali sono i settori meno toccati dalla crisi», prosegue Vento. In questo quadro si rafforza la convinzione (ribadita dal 60% degli intervistati) che chi oggi studia o inizia a confrontarsi con il mondo del lavoro occuperà in futuro una posizione sociale ed economica peggiore rispetto a quella della precedente generazione. «Per la prima volta dal dopoguerra – ribadisce il direttore di Demopolis –  l’ascensore sociale ha avviato la sua fase discendente. Il senso di insicurezza riduce la voglia di rischiare in proprio, di lavorare nel privato mentre cresce il numero di quanti vorrebbero un posto pubblico che non c’è più: il 30% ammette che sarebbe oggi la massima aspirazione».

Casa dolce casa
E dire che, se non fosse per la difficile scommessa del lavoro, i giovani non starebbero affatto male in Toscana. «Per quasi i due terzi degli intervistati la Toscana resta il luogo preferito in cui vivere – spiega Vento – Solo tre su dieci esprimono una valutazione negativa sulla qualità della vita nella regione: un dato che hap oche comparazioni con altre zone del Paese, forse solo l’Emilia Romagna si avvicina». Le ragioni di tale appagamento sono per lo più di natura privata e affettiva: la vita sentimentale e familiare (67%), il rapporto con gli amici (58%). E poi il tempo libero e il livello di istruzione ricevuto. Resta fondamentale il ruolo di ammortizzatore sociale svolto dalla famiglia: una convinzione espressa da oltre i due terzi degli intervistati, che la considerano il riferimento più saldo ed affidabile, ma anche l’unica vera rete di sostegno per chi oggi studia o cerca un’occupazione. Cresce, al contrario, la sfiducia nelle istituzioni: banche (9%), Parlamento (6%) e partiti (5%) sono ai minimi storici per affidabilità.