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Rossi: “Sono giovani coraggiosi e noi dobbiamo fare di più”

Data e ora: Pubblicato il: 30 Gennaio 2012 14:24

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Pubblichiamo l’intervista odierna di Mario Lancisi, del quotidiano Il Tirreno, al presidente Enrico Rossi.

 

Sono giovani coraggiosi e noi dobbiamo fare di più
II Governatore un po’ teme e un po’ plaude gli under 35 che vanno all’estero.
«E’ la generazione che reagisce alla Toscana della rendita e degli egoismi»

di Mario Lancisi

«La nuova è una generazione di giovani che ci prova. Che reagisce alla crisi. Anche andando all’estero. A maggior ragione però noi dobbiamo fare di più», si accalora il presidente della Regione Enrico Rossi, leggendo il sondaggio del Tirreno sui giovani e il futuro, pubblicato nell’edizione di ieri. «Fa indubbio piacere constatare che i giovani amano la Toscana e che il 63% degli intervistati si dichiarano soddisfatti della qualità della vita. In Toscana si sta bene non solo per paesaggio e clima, ma evidentemente anche per il buon governo delle amministrazioni locali», esordisce il Governatore.

Si, però “Toscana, ti amo ma ti saluto, vado altrove per realizzare le mie ambizioni professionali”. Cresce la fuga degli under 35. Non le sembra un dato allarmante?

«Ci arrivavo. E’ chiaro che quel “però” ci preoccupa e rischia di cancellare la positività della prima affermazione perché non basta viverci bene in una regione, occorre anche che in essa ci siano opportunità di lavoro. E sguardi aperti sul futuro. Come presidente della Regione la fuga dei giovani mi addolora. Considero la questione giovanile una vera e propria emergenza nazionale. Perché una società dove i giovani fuggono altrove è chiaro che non ha futuro».

Può essere anche un fatto positivo la voglia di scommettere se stessi in Paesi diversi?

«Sì, non c’è dubbio che quella degli under 35 è la generazione Erasmus. Giovani per i quali l’Europa è avvertita come il proprio Paese. Sono giovani europei. Il che è anche un aspetto che dovrebbe far riflettere coloro che vorrebbero abolire l’euro e tornare alla lira. Se è vero che gli Stati non sono riusciti a costruire un’Europa politica, forse questa costruzione la stanno realizzando dal basso i giovani. Però il dato di fondo del sondaggio rivela che la Toscana non offre ai giovani sufficienti opportunità. E da qui dobbiamo partire per fare riflessioni e politiche all’altezza del problema».

Che fare?

«Va detto che lo Stato spende poco, troppo poco per i giovani. Non si investe sulle nuove generazioni. Siamo troppo egoisti, troppo preoccupati di tutelare gli interessi costituiti, fregandosene dei giovani precari e senza opportunità».

Le liberalizzazioni del governo Monti possono creare per i giovani le opportunità che oggi mancano?

«Aiutano certo, ma sono troppo enfatizzate: un po’ di notai o di farmacisti in più servono. Così come una minore burocrazia e la lotta a certe rendite di posizione possono rendere più libera la nostra società. Però sono misure non sufficienti ad affrontare di petto la questione giovanile. Anche perché la drastica riforma delle pensioni crea un tappo drammatico. Se si allunga l’età pensionabile è evidente che si rallenta il processo di ricambio della forza lavoro. Ad esempio nel sistema pubblico non so quando si potrà tornare ad assumere».

La riforma delle pensioni non le piace?

«Forse era inevitabile, non lo so. Quello che non mi piace è il fatto che senza misure a favore dei giovani e senza crescita economica, il lavoro per le nuove generazioni rischia di diventare un miraggio».

Già il lavoro. L’ex presidente di Confindustria ha detto: basta con la sinistra con il cachemire. E lei ha attaccato la sinistra dei fighetti e ha posto come obiettivo prioritario del suo governo quello di rilanciare il manifatturiero e la realizzazione delle infrastrutture. Perché?

«La Toscana per troppi anni ha vissuto di rendita. Si è seduta ed è diventata una sorta di buen retiro dei pensionati ricchi. Una regione museo. Io dico: basta con la rendita. La Toscana si deve dare una mossa e tornare ad essere una regione del manifatturiero, del talento artigianale, della produzione».

Responsabilità del mondo imprenditoriale?

«La politica ha sicuramente fatto i suoi errori, ma anche gli imprenditori di fronte alla crisi hanno preferito rifugiarsi nella rendita anziché accettare la sfida, rischiare, mettersi in gioco per costruire sviluppo e futuro».

E il mondo del sapere, le università, le scuole di formazione?

«Non c’è dubbio che va fatto di più, anche se le imprese straniere che investono in Toscana riconoscono che la formazione universitaria da noi è in genere eccellente. Quello che manca è il collegamento tra università e impresa. Tra il sapere e il mondo della produzione».

Sarà sicuramente come dice lei. Ma uno come il noto chirurgo Paolo Macchiarini ha studiato a Pisa e poi è volato all’estero per emergere. Lei lo ha riportato in Toscana e il mondo accademico gli ha fatto la guerra.

«Purtroppo va detto che per decenni – e non solo nell’università – abbiamo tenuto la Toscana sotto la cappa delle baronie, della tutela degli interessi costituiti. Chi stava bene ha cercato egoisticamente di difendere se stesso e la propria categoria, anziché aprirsi all’internazionalizzazione dei mercati».

Il fatto che la Toscana sia una regione dove si vive molto bene non può essere un dato con il quale alla fine convivere. Che alla fine questa sia la sua anima, la sua vocazione.

«Per carità, dobbiamo combattere la rassegnazione ad una regione imbalsamata con cipressi e colline. A un paradiso per vacanzieri e pensionati di lusso. L’anima della Toscana è sì la bellezza e la qualità di vita, ma anche la produzione eccellente. Il cosiddetto made in Tuscany».

Nell’agenda delle cose da fare forse c’è anche quello dell’accelerazione delle opere pubbliche. Quarant’anni per un’autostrada, quindici per un tribunale e così via rischiano di essere, nella società di oggi, tempi biblici.

«Non c’è dubbio. Mi auguro che il governo intervenga per rendere più celeri i tempi della realizzazione delle opere pubbliche come volano indispensabile per la ripresa economica».

Si è accusato spesso i nostri giovani di mammismo e di essere dei bamboccioni. Questo sondaggio rivela che forse non è così.

«Se negli anni scorsi forse si poteva criticare i nostri giovani per una certa mancanza di fame di futuro, negli ultimi due anni io avverto che molte cose sono cambiate. Nelle vene della Toscana vedo scorrere – e non solo a livello giovanile – adrenalina. Cioè voglia di darsi da fare, di scommettere sul futuro, dimettersi in gioco».

La Toscana non è più seduta?

«No, io vedo una regione che reagisce. E la fuga dei giovani è sì un problema perché denota che il nostro sistema economico non offre opportunità adeguate, ma anche il segno di una generazione che ci prova. Che reagisce».

Comunicato stampa di Toscana Notizie

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