Luca Orsoni / #giovanisi+

Ritessere le relazioni fra le persone: il ruolo del Terzo settore in Toscana durante l'emergenza Covid-19

Luca Orsoni - Giovanisi+

Dall’osservatorio della Crescit, la Conferenza Regionale Enti Servizio Civile Toscana, fra i soggetti parte del Tavolo Giovani, principale strumento di partecipazione del progetto Giovanisì, Luca Orsoni ci racconta come le realtà e i volontari che svolgono il Servizio Civile regionale in toscana stanno vivendo la difficile situazione causata dall’emergenza Covid-19.

Luca, in questo momento particolarmente difficile, in cui l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 ha sconvolto le nostre abitudini e ampliato le difficoltà soprattutto dei soggetti più fragili, qual è il ruolo delle realtà del Terzo Settore che quotidianamente si occupano di cittadinanza attiva e solidarietà? Come state affrontando questa fase di emergenza?

Le realtà del terzo settore non si sono mai fermate, nemmeno in questo periodo. Anche se ovviamente a livello mediatico per ovvie ragioni si da più spazio all’impegno del personale sanitario, il lavoro del terzo settore è tanto in questo periodo e molto prezioso per la comunità. In particolare quello su cui stiamo lavorando è ricostruire un tessuto sociale per dare risposta a tutti quei bisogni  che, con l’emergenza, si sono modificati e spesso sono diventati ancora più urgenti.
Ad esempio non potere uscire di casa per un anziano vuol dire rimanere da solo, non avere più contatti sociali. Tanti “telefoni amici”, spesso gestiti da ragazzi in servizio civile e volontari, che si sono messi a chiamare le persone solo per sapere come stavano e se avevano bisogno di qualcosa sono stati fondamentali per andare incontro a situazioni come queste.
Sostenere da un punto di vista alimentare coloro che sono più in difficoltà ha voluto dire in questo periodo vedere variare

Tante persone che non avevano mai fatto volontariato, si rendono disponibili per far qualcosa, sono pronte a mettersi in gioco per aiutare gli altri

gli “utenti”: non più singole persone ma intere famiglie vengono a mangiare alle mense. Non tutti hanno una protezione sociale, molti si ritrovano senza lavoro, in difficoltà. Il terzo settore è fondamentale per andare incontro a questi bisogni.
Tanto è stato fatto poi anche sulla marginalità estrema ad esempio garantendo alcuni servizi che le amministrazioni comunali in questa situazione di emergenza non sono riuscite a garantire, come dare un posto dove dormire alle persone che vivono per strada, aiutando così a tenere sotto controllo la situazione sanitaria. Caritas, Anpas, Misericordie, Arci e tantissime associazioni hanno garantito molti servizi essenziali. In questo dunque siamo impegnati in prima linea: lavorare sui territori per ritessere relazioni fra le persone.

Il Servizio Civile regionale, opportunità promossa nell’ambito di Giovanisì, il progetto della Regione Toscana per l’autonomia dei giovani, rappresenta per tantissimi giovani l’occasione per dare un contributo alla propria comunità fatto di solidarietà e impegno. Come stanno vivendo questo momento di emergenza i volontari e le volontarie attivi nel progetti di Servizio Civile regionale?

Mi viene in mente una riflessione: i ragazzi che fanno Servizio Civile, nei primi due mesi svolgono moltissime ore di formazione incentrate sull’importanza della cittadinanza attiva a partire dalla Costituzione.
In questa situazione la teoria si è trasformata in pratica perché tutte quelle cose che abbiamo sempre raccontato in maniera didattica, ora sono state toccate con mano dai volontari. Questo ha generato una reazione di due tipi: qualcuno ha avuto paura e si è giustamente fermato. Altri invece l’opposto: hanno sentito l’esigenza di mettersi in gioco, a maggior ragione in questa situazione. Hanno sentito lo stesso stimolo che li ha portati a dedicare un anno della propria vita agli altri con il Servizio Civile. In quest’ottica molti servizi sono stati riattivati. Dopo poco anche chi era rimasto a casa ha sentito il bisogno di rimettersi in gioco e dare un contributo alla propria comunità. Hanno iniziato ad arrivarci molti messaggi di giovani che sentivano il bisogno di fare qualcosa e di mettersi al servizio degli altri. Sulla base di questa spinta stiamo rimettendo in servizio diversi giovani e riaprendo dei progetti sul territorio.

L’emergenza ha innescato nuove forme di solidarietà? Riscontrate da parte dei cittadini la voglia di contribuire e dare una mano?

Sicuramente sì. Ad esempio quando come Caritas ci siamo resi conto che la questione della povertà alimentare stava esplodendo, perché tanta gente era rimasta senza cibo, oppure era chiusa in casa in quarantena, come una persona disabile e sola, positiva al Covid che ci ha chiamato per chiedere aiuto perché da giorni non aveva cibo in casa e non poteva uscire; abbiamo pensato di chiedere ai giovani di venirci a dare una mano per il confezionamento dei pasti.
Abbiamo detto, vediamo come và. Da lunedì mattina a martedì pomeriggio sono arrivate quasi 400 domande di volontari, soprattutto da studenti universitari. Ancora oggi a tre settimane di distanza continuo a ricevere richieste dalle persone per mettersi a disposizione. So che questa cosa è avvenuta anche in altri contesti, ad esempio nella Croce Rossa. Tante persone che non avevano mai fatto volontariato, si rendono disponibili per far qualcosa, sono pronte a mettersi in gioco per aiutare gli altri. In giro si vedono cose molto belle: ad esempio i cartelli nei condomini di giovani che si mettono a disposizione degli anziani per fare la spesa. Bei segnali di solidarietà in questo momento molto difficile.

 

Intervista pubblicata il 9 Aprile 2020

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