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Lavoro e ricerca: una valida opportunità

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Intervista di Davide De Crescenzo,  Direttore di intoscana.it, a Federico Civerchia, dottorando apprendista alta formazione e ricerca, intervenuto alla tappa di Pontedera (PI) di “Giovanisì in tour, il progetto raccontato dai giovani toscani”

Federico Civerchia, dottorando, stai svolgendo un apprendistato presso uno spin off della Scuola Sant’Anna di Pisa, che si chiama New Generation Sensors. Ti occupi di internet delle cose. Raccontaci la tua esperienza, com’è nato questo contatto con Giovanisì e cosa stai seguendo in particolare?

Sono venuto a conoscenza del contratto di apprendistato alta formazione grazie alla New Generation Sensors di Pisa. Io sono un ingegnere elettronico, mi sono laureato ad Ancona e ho fatto una tesi in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna, in particolare con il laboratorio di Sistemi in Tempo Reale. Tramite questo connubio tra l’Università Politecnica delle Marche e la Sant’Anna di Pisa, sono venuto a contatto con l’Amministratore di New Generation Sensors, che mi ha proposto questa tipologia di contratto.
Attualmente sono circa 6 mesi che lavoro presso l’azienda e che svolgo anche le mansioni del dottorato, quindi pubblicazioni e quant’altro. Ho un doppio tutor: un tutor aziendale, che è l’Amministratore dello spin off Claudio Salvadori, e un professore interno alla Sant’Anna, che è Tommaso Cucinotta.
In questo momento mi occupo di internet delle cose; in particolare lavoriamo su microcontrollori e sistemi embedded, sia software che hardware; abbiamo a che fare con vari livelli di programmazione, ma anche saldature. Si lavora in modo verticale, dall’hardware semplice, quindi le componenti con le schede elettroniche, fino a programmazioni di più alto livello. È un’esperienza che mi sta formando parecchio. A fine università cercavo qualcosa che mi permettesse di sfruttare le mie conoscenze, ma soprattutto di ampliarle. L’università di Ancona mi ha dato un background di conoscenze per entrare nel mondo del lavoro, ma non era sufficiente a mio giudizio e quindi volevo fare un percorso di dottorato o comunque di apprendimento in azienda, affinché questo mi garantisse 3 anni di formazione, di “cuscinetto” sostanzialmente, in cui potevo imparare nuove cose e successivamente metterle in pratica. Fra tre anni, finito il dottorato, sicuramente le mie conoscenze saranno maggiori.

Si parla tanto del rapporto tra ricerca e lavoro. Tu pensi che questo modello aiuti a coniugare il mondo più teorico della ricerca con le applicazioni concrete del lavoro quotidiano?

Vorrei rimanere in Italia, perché è il mio Paese

Sicuramente si, perché comunque grazie allo spin off si fa un lavoro di frontiera: cerchiamo di mettere nei nostri prodotti un background di conoscenze acquisite grazie alla ricerca. Sono prodotti altamente innovativi, di fatto, perché appunto veniamo da un ambito di ricerca che è ovviamente innovativo. Oggi per fare impresa credo che serva essere innovativi, almeno in Italia, con la crisi che c’è. Bisogna dare un valore aggiunto rispetto alla concorrenza. Questo valore aggiunto sicuramente può venire da un’expertise, un background di conoscenze dato dalla ricerca.

Un consiglio che vuoi dare a chi non vuole lasciare questo Paese, dato che si parla tanto di cervelli in fuga.

Io vorrei rimanere in Italia, perché è il mio Paese; però vedo che ci sono dei problemi economici tali per cui è impossibile a volte rimanere in Italia, perché le offerte dall’estero sono molto golose. Conoscendo anche ambienti esteri, posso dire che la formazione che offrono le università italiane, ma anche le conoscenze che hanno le aziende, all’estero non si trovano sempre. Lavorare a stretto contatto con aziende piccole ma che ti possono garantire di essere felice durante il giorno perché lavori su cose interessanti e che a te piacciono e non essere solo un numero di una multinazionale, credo che sia un valore aggiunto. In una piccola azienda si lavora su diverse mansioni e quindi il lavoro non diventa monotono.

 

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