Il progetto della Regione Toscana per l’autonomia dei giovani

Il settimanale Economy (nell’approfondimento qui di seguito) da la parola ai ragazzi italiani che sono andati negli Usa ed hanno avuto successo grazie alla borsa di studio Fullbright-Best,  a cui partecipa anche la Regione Toscana sponsorizzando 5 borse di studio per l’anno 2012.

Di R.K. pubblicato sul settimanale “Economy” il 02/02/2012(scarica l’articolo in pdf)

Niente scuse. Oggi chi ha talento e voglia di fare ha gli strumenti giusti  per emergere. Fernando Napolitano, 47 anni, fondatore di Why Italy Matters Corp., la società di diritto Usa nata per portare Oltreoceano il meglio dell’industria italiana dell’hi-tech, è categorico: «Piangersi addosso non serve a nulla. Steve Jobs non sarebbe diventato Steve Jobs se fosse nato in Italia? E’ assai probabile, certo. Ma erano altri tempi. Oggi i cervelli made in Italy hanno diverse opportunità a disposizione». Una su tutte: il programma Fulbright-Best che, lanciato nel 2006 su iniziativa dell’ex ambasciatore Usa in Italia Ronald P.Spogli, lui stesso investitore con la sua Freeman Spogli & Co. e una quota del 10% nel più grande fondo per startup italiano Innogest Sgr, ha consentito a 45 ragazzi italiani di volare negli Stati Uniti, mettersi alla prova tra corsi top e tirocini nelle aziende che contano, e rientrare in Italia per tentare l’avventura.

«Sono 26 le start-up lanciate dai vincitori delle varie edizioni di Fulbright-Best» dice Napolitano, presidente dell’iniziativa che conta sull’appoggio di vari sostenitori anche tra le fila del governo Monti (Piero Gnudi, Francesco Profumo e Corrado Passera, per l’esattezza). «Non è un caso che il ministro dell’Istruzione abbia esortato i governatori del Centro-Sud Italia perché prendano esempio dalla Toscana» aggiunge Napolitano, nel cui direttivo siede proprio Profumo. E spiega: «La regione guidata da Enrico Rossi sponsorizza 5 delle 12 borse di studio a disposizione per il 2012 e lo fa attingendo ai fondi strutturali Ue». In soldoni: senza tirare fuori un euro.

E la borsa di studio? Ammonta a 35 mila dollari circa (più le spese di viaggio e quelle relative all’assicurazione medica), è rivolta agli under 35 ed è «estremamente utile». Lo dicono i tre ex vincitori selezionati in queste pagine. Ma bisogna affrettarsi: il bando 2012 scade il 29 febbraio.

Come partecipare al Fulbright-Best

Su www.bestprogram.it ci sono tutti i dettagli per partecipare all’edizione 2012 di Fulbright-Best. La scadenza del bando è il 29 febbraio.

Silvia Bossi. Dal Sant’Anna di Pisa alla Silicon Valley e ritorno. Con in tasca un’idea da 600 milioni di dollari.

Scuola. Lavoro. Networking. Silvia Bossi (foto sopra), 33 anni, con in tasca una laurea in ingegneria meccanica alla Sapienza di Roma e un dottorato in biorobotica al Sant’Anna di Pisa, è volata in Silicon Valley a gennaio 2012 proprio con il Fulbright-Best. «E in 6 mesi ho fatto di tutto». Nel dettaglio: tre mesi di corso iperintensivo alla Santa Clara University sull’imprenditorialità hi-tech (dalla A alla Z tutto quello che c’è da sapere su come si lancia una start-up); tre mesi di stage alla Vibrynt di Redwood City, in California, specializzata in apparecchiature mediche; e incontri su incontri con investitori, avvocati d’affari e imprenditori Usa per fare rete e creare contatti che potrebbero rivelarsi preziosi.

«Anche nel breve-medio periodo» si augura Bossi, che entro febbraio con i soci Silvestro Micera e Annarita Cutrone lancerà Smania, uno spin-off del Sant’Anna che sviluppa interfacce neurali in grado di migliorare la vita di chi ha subito amputazioni. «L’idea è mettere a punto una tecnologia che permette di stabilire un dialogo diretto tra il sistema nervoso periferico dei singoli e i loro arti artificiali per migliorarne il controllo» spiega Bossi, che ha messo a punto per l’occasione degli elettrodi della dimensione di un capello o quasi (200 micron di larghezza e 20 micron di spessore) con l’idea di impiantarli nei nervi del braccio interessato. «Lavoriamo perlopiù sugli arti superiori perché è D che la scienza ha fatto minori progressi» dice la ricercatrice-imprenditrice. E taglia corto: «Facciamo leva su un mercato potenziale da 600 milioni di dollari».

Luca Ruio. Uccide gli insetti sfruttando i loro nemici naturali. E sbaraglia la concorrenza.

Aveva da poco terminato la specializzazione in biotecnologie all’Università di Cambridge quando si aggiudicò la borsa di studio Fulbright-Best. Era i12008. E Luca Ruiu, ai tempi 34enne, volò negli Stati Uniti con un solo obiettivo: «Imparare, imparare, imparare» dice il neo-imprenditore, titolare di Bioecopest, uno spin-off dell’Università di Sassari, creato nel 2010 per produrre biopesticidi per l’agricoltura (e non solo). «L’idea di mettermi in proprio mi frullava in testa da parecchio» racconta Ruiu, laureato in Scienze agrarie all’Università di Sassari e con in tasca un dottorato in entomologia (la scienza degli insetti) all’Università di Perugia. «Ma avevo bisogno di capire al meglio a che cosa
sarei andato incontro». Detto, fatto. Oltre al corso di imprenditorialità alla Santa Clara University, Ruiu frequenta seminari a Berkeley e a Stanford.Ma è il tirocinio alla Marrone Bio Innovations di Davis, in California, a fare la differenza. «Anche loro fanno biopesticidi con una tecnologia complementare alla mia» dice Ruiu, che conta di avviare al più presto una collaborazione cross-border. E intanto si attrezza. Investendo decine di migliaia di euro in brevetti su scala europea e americana. «Bioecopest fa leva su batteri, virus, funghi o protozoi per combattere gli insetti nocivi» dice lo scienziato che ha vinto il premio nazionale per l’innovazione con relativo assegno da 60 mila euro consegnatogli dal presidente Giorgio Napolitano. E specifica: «L’idea è di uccidere gli insetti nocivi sfruttando i loro nemici naturali ed eliminando così alla radice l’uso di sostanze chimiche». Il progetto è ambizioso e richiede fondi. Non è un caso se Bioecopest è alla ricerca di investitori terzi o al più di joint-venture mirate con aziende di settore perla messa a punto di prodotti specifici.

Andrea La Mesa. In 6 mesi ha fondato e venduto una società di diritto Usa a un colosso a stelle e strisce

Andrea La Mesa, 30 anni, ama bruciare le tappe. Pare  avesse 11 anni quando ha iniziato a smanettare con il pc di casa. «Una vera passione» dice l’ex ragazzo prodigio, l’unico che in 6 mesi di programma Fulbright-Best è riuscito a fondare una società  di diritto Usa e a venderla con un guadagno non indifferente. «La start-up si chiamava Coderloop ed era specializzata in software per il reclutamento.di ingegneri programmatori» racconta La Mesa che, con i soci Federico Feroldi e Luca Donmasser, aveva messo a punto una piattaforma di test modulari in grado di mettere alla prova in tempo reale l’effettiva capacità dei candidati sviluppatori. Ad acquisirla al 100% lo scorso giugno è stata la Gild di San Francisco, pure essa attiva su quel fronte seppure con una massa critica assai più importante (vanta 500 mila utenti in 174 Paesi). «Con l’operazione dissi addio anche ai miei soci che vennero assunti proprio dalla Gild»  fa sapere La Mesa, che giudica il programma Fulbright-Best «una esperienza formidabile». Anche se avverte: «Sta tutto alla capacità dei singoli di trarne i vantaggi migliori. Soprattutto sul fronte networking». E per quanto lo rigûarda specifica: «Sto valutando diverse opzioni tra cui l’idea di lanciare in Italia alcune realtà Usa». E in alternativa? «Una nuova start-up, ovvio» sorride.